LA POSIZIONE DI LEGAMBIENTE PIAVENIRE SUL PROGETTO DI CASSE D’ESPANSIONE ALLE GRAVE DI CIANO.
- PERCHE’ LE IDEE SULLA PIAVE DELL’ASSESSORE REGIONALE BOTTACIN SONO SBAGLIATE – Occorre un Piano di Riassetto idrogeologico e di Ripristino ambientale dell’intera asta fluviale –
Noi crediamo che l’assessore all’ambiente regionale non abbia mai visto, neppure passandoci sopra con l’elicottero della Protezione Civile, l’Isola delle Grave di Ciano : se l’avesse fatto, magari addentrandosi nelle zone a magredo con aspre siepi xerofile a Biancospino e Ginepro, si sarebbe reso conto che non era proprio il caso di prospettare per questa grande area fluviale , la distruzione totale degli habitat prioritari ben rappresentati in tutta la sua estensione. Contemporaneamente si sarebbe reso conto delle motivazioni profonde che hanno portato la piccola Sindaca del Comune di Crocetta a ribadire con forza il proprio NO a quel progetto sciagurato : coraggiosamente Marianella Tormena ha presentato le proprie ragioni e soprattutto le ragioni della propria comunità legata a filo doppio a questa realtà fluviale naturalistica di grande rilievo, sottovalutata da chi a parole si riempie la bocca continuamente di tradizioni accendendo panevin in ogni borgo ed inventandosi improbabili mazariol e salvanel ! Ed invece no , il Bottacin è andato avanti a muso duro , scaricando responsabilità ad altri : prima offendendo colleghi del Consiglio Regionale poi deputati della Commissione Ambiente della Camera , ed ancora attaccando il bersaglio grosso cioè Governo , Ministro all’Ambiente, Presidente del Consiglio , alla ricerca di un ultimo citofono a cui attaccarsi per togliersi il peso di una decisione di cui si è caricato immaginando che sarebbe stata una cavalcata trionfale per salvare 100.000 persone della bassa pianura della Piave , ultimamente 300.000 addirittura !
E la comunità ha risposto avviandosi a sfiorare complessivamente le 5.000 firme della petizione , irrompendo a centinaia nelle manifestazioni promosse dal Comitato, progettando nuove manifestazioni per spiegare con cura le ragioni del proprio rifiuto della logica distruttiva, chiedendo con forza di essere invitato al prossimo tavolo in Prefettura , in rappresentanza della biodiversità e della storia di questa parte importante del territorio comunale.
Che cosa avrebbero dovuto fare nel frattempo la Regione e l’assessore Bottacin ? Una sana e doverosa autocritica ! Non sfugge a nessuno , tantomeno all’ing. Luigi D’Alpaos , evocato a più riprese da parte del citato assessore, che la situazione idrogeologica ed idraulica degli alvei del Medio Piave sia oggettivamente precaria ; ricordiamo che in un convegno Rotary di qualche anno fa a Ponte di Piave , D’Alpaos escludeva nuove escavazioni con asporto di ghiaia in tutto l’ambito del corso fluviale mediano per fermare la canalizzazione ed i fenomeni di erosione delle rive di un fiume squilibrato , sempre più aggressivo e rapido. Bottacin , dovrebbe ricordare che il Genio Civile di Treviso è un ufficio della Regione Veneto e che le concessioni di prelievo di ghiaia vengono approvate proprio da questo ufficio della Regione ! A quando una sana autocritica, senza imboccare la strada delle decisioni fatali con la grande opera che risolve tutti i problemi ? Invitiamo Bottacin e la Regione a riflettere , cambiando completamente rotta ed utilizzando le decine di milioni stanziati dal Ministero dell’Ambiente per interventi di riassetto morfologico ed idrogeologico dell’intero bacino fluviale partendo dal Medio Piave che è , a detta degli esperti da noi interpellati , in grande sofferenza. Gli 11 metri di altezza dell’acqua raggiunti nel 2018, sotto i ponti di Ponte di Piave , sono determinati dagli squilibri che il fiume sta soffrendo da anni e che il Genio Civile di Treviso non ha sicuramente risolto : il grave pericolo per le comunità residenti alla fine del Medio Piave , non è determinato dalla mancanza delle Casse di espansione di Ciano ma da un approccio metodologico sbagliato che sta alla base delle concessioni di asporto di ghiaia ( una trentina negli ultimi 15 anni , alcuni di centinaia di migliaia di mc ! ) dai letti fluviali della Piave. Dopo la sana autocritica sui guai dei propri uffici , ritornando a fare l’assessore all’Ambiente , metta in cantiere subito , una serie di interventi di ripristino ambientale , aprendo nuovi letti per il nostro Fiume nelle fasi di morbida e di piena , utilizzando le aree demaniali senza aver timore ( per ragion i idrauliche ) di chiedere qualche sacrificio ai vignaioli invadenti, coinvolgendo i cittadini, in primo luogo le scuole, in una azione corale per la salute dell’intero bacino fluviale. Il grande Fiume ringrazierà anche lui !
Nel frattempo si studi la situazione delle aree in riva al fiume e nelle golene fluviali appartenenti al Demanio Pubblico lungo tutta l’asta fluviale dal Ponte di Vidor al ponte sulla Piave sulla statale Callalta includendo sia le Grave di Ciano che l’Isola delle Grave di Papadopoli come pure l’Isola di Fagarè : ebbene da un calcolo, approssimato per difetto, svolto con la collaborazione di un funzionario del Genio Civile, gli ettari di spazi demaniali nelle golene risultano essere addirittura nell’ordine delle migliaia ! Perché non utilizzare questi spazi ,a cui possono essere aggiunti ettari golenali in proprietà privata, adiacenti alle aree demaniali, per ridare nuovo spazio al nostro Fiume ed ai fiumi in generale, garantendo nel contempo un riordino idraulico ed idromorfologico dell’asta fluviale in tutto il Medio Piave ?
Ed ancora , sappiamo che nella grande piena centenaria del 1966 nelle due principali Grave citate sono passate centinaia di mc/sec utilizzando le naturali depressioni di questi insiemi di isole fluviali : nella grande piena – 4.800 mc a riempire il vasto letto della naturale cassa di espansione di Papadopoli – , 800 mc/sec solcarono l’Isola delle Grave privilegiando il letto della Fontana, un torrente di risorgiva ( ora prosciugato dagli ingenti scavi – qualche centinaio di milioni di mc ! – dei due letti principali del Fiume degli anni dal 1970 al 1975 ) che era la spina dorsale azzurra del nucleo principale delle Grave ; lo stesso avvenne a Ciano con buona parte delle grave sommerse dalle acque limacciose del grande Fiume. Entrambi i sistemi di grava contenevano nel loro territorio , rilevanti spazi pubblici appartenenti al Demanio Pubblico gestiti dagli Uffici del Genio Civile di Treviso : nel caso delle Grave di Ciano circa metà della cosiddetta “Isolona” veniva data in concessione per la coltivazione dei prati stabili utilissimi alla nutrizione di decine di capi di bestiame allevate nelle piccole stalle degli agricoltori montelliani ; in Isola delle Grave di Papadopoli, tutto il sedime della Fontana era demanio pubblico a cui andavano sommate numerose porzioni di riva affacciate sia sul ramo sinistro di Cimadolmo che su quello destro di Maserada. Ora , nelle Grave di Ciano, addirittura un centinaio di ettari, attualmente, è diventata proprietà privata in cui si attua un’agricoltura intensiva con tutti i problemi ( in termini di inquinamento e di perdita di biodiversità ) che questo determina sulle acque superficiali e di falda e di interruzione dei corridoi ecologici tra la zona collinare prealpina e la pianura, mentre nell’Isola delle Grave di Papadopoli sono praticamente scomparse le zone pubbliche dedicate all’espansione delle morbide e delle piene autunnali e primaverili del grande Fiume.
Dove sono finite queste aree di demanio pubblico ? Chi ha deciso di alienare centinaia di ettari di terreno che potevano servire nel momento in cui si fosse finalmente deciso di affrontare la questione di un riordino funzionale idromorfologico e idrogeologico di un fiume sconquassato dagli scavi degli anni 70 del secolo scorso e da continue escavazioni permesse fino ai giorni nostri, benedette sempre dal Genio Civile di Treviso ? Tali zone demaniali sarebbero servite anche per una corretta formulazione del Piano Rischio Alluvioni e quello generale del Piano della Gestione delle Acque perlomeno nella porzione del Medio Piave in prossimità del “collo di bottiglia” subito a valle dei letti a rami intrecciati, tipici dei grandi fiumi alpini. Ed invece si è scelto di spogliarsi delle aree demaniali ( ricordiamo che le operazioni di sdemanializzazione sono competenza degli uffici del Genio Civile che controllano anche i pagamenti dei canoni annuali delle concessioni in corso ) immaginando di risolvere il problema sprofondando i letti fluviali e rinforzando le rive con massi ciclopici , sistemati con interventi di spesa ad opera della struttura pubblica >> vedi Genio Civile << a difesa delle coltivazioni dei privati, straripanti nelle golene della Piave fino alle sue rive.
Pensare ora di risolvere il problema della sicurezza idraulica di un fiume complicato come la Piave , rovinato nel suo sviluppo armonico dall’invadenza antropica a partire dal bacino montano completamente stravolto >>>vedi grandi dighe per la produzione idroelettrica<<< , con la grande opera che risolve tutti i problemi , sembra un’operazione fuori del tempo, che non ha cittadinanza in Europa perché non coinvolge le comunità e tutti gli stakeholders del territorio fluviale come previsto dalle Direttive europee sull’Acqua, che non affronta complessivamente le tematiche relative all’intera asta fluviale con un approccio multidisciplinare e sistemico.